SAN MARTINA

La storia di questa giovane santa comincia a ritroso: nell'anno 1634, ovvero 1400 anni dopo il suo martirio, l'attivissimo Urbano VIII, che era allora impegnato sul fronte spirituale nella controriforma cattolica e su quello materiale nella restaurazione di celebri chiese romane, ripropose ai romani la devozione di S. Martina, dopo averne riscoperto le reliquie. Fissò la celebrazione al 30 gennaio e ne compose lui stesso l'elogio, con l'inno: "Martinae celebri plaudite nomini, Cives Romulei, plaudite gloriae", che invita ad ammirare la santa nella vita immacolata, nella carità esemplare e nella coraggiosa testimonianza resa a Cristo col martirio. 

Chi era in realtà tale San Martina, che riemergeva improvvisamente e prepotentemente nella devozione popolare, tanto da essere considerata come una delle patrone di Roma, dopo tanti secoli di oblio? Questa santa Vergine romana discendeva da una celebre famiglia consolare. Rimasta orfana ancora in tenera età, si dedicò con tutto l'ardore della sua anima giovanile alle opere della cristiana pietà, distribuendo con le ricchezze che i suoi genitori le avevano lasciato in abbondanza. Non ci fu miseria che non soccorse: nessuno mai bussò invano alla sua porta. Nei poverelli ella vedeva Gesù stesso, il Maestro Divino che aveva detto:

«Quello che avrete fatto al minimo dei vostri fratelli, l'avrete fatto a me»

Ben presto, i nemici del nome cristiano iniziarono a sospettare che Martina fosse seguace di Gesù, e accertatisi della cosa, non esitarono ad accusarla come cristiana. Temendo ella d'essere arrestata ed uccisa, distribuì immediatamente tutto quello che ancora le rimaneva ai poveri e alla Chiesa, per avere in cielo quel tesoro che «i ladri non rubano e la tignola non intacca». Come aveva previsto, fu presto accusata e condotta davanti al preside romano. Fu tentata in mille modi affinchè si sacrificasse agli dèi dell'impero, ma la Vergine, forte della grandezza di Cristo, rispose sempre con fermezza che «era cristiana» e che come tale si sarebbe sempre comportata. Una volta trascinata davanti alla statua di Apollo, la fece andare in frantumi, provocando subito dopo un terremoto che distrusse il tempio e uccise i sacerdoti del dio. Il prodigio si ripetè con la statua e con il tempio di Artemide. 

Tutto ciò avrebbe dovuto indurre i suoi persecutori a riflettere; al contrario, più ostinati che mai, infierirono sulle delicate membra della fanciulla sottoponendola a crudelissimi tormenti, dai quali ella uscì sempre illesa. Fu battuta con le verghe, scarnificata con uncini di ferro, poi, intrisa di grasso bollente, fu gettata alle belve dell'anfiteatro, ma le bestie la risparmiarono. Allora fu fatto un grandissimo rogo, e vi venne legata sopra: quando il fumo e le fiamme furono esaurite, i carnefici e la folla immensa che assisteva al crudele spettacolo, videro la santa giovane perfettamente illesa in mezzo al braciere, in attitudine di preghiera: il suo Dio l'aveva salvata. Molti della folla e qualcheduno dei suoi stessi carnefici, alla vista di quel prodigio, si convertirono e si dichiararono cristiani.Fu la spada a porre fine a tante sofferenze, troncando il capo della martire, il cui sangue andò a irrorare il fertile terreno della Chiesa romana.  

A CURA DI

"Ascolta la voce dei tuoi sogni, se son vestiti d'amore è Cristo nel cuore!"

Giusy Aquilino

Direttrice

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