GLI IDOLI 

PARTE III


Vi propongo l'ultima parte della trattazione sugli idoli che riguarda in maniera specifica quelli che sono i peccati contro il primo comandamento, tenendo come riferimento sempre il Catechismo della Chiesa Cattolica dai numeri 2110 ai 2132.

Il numero 2110 così inizia; il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori dell'unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce dunque la superstizione che è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un'importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione.

L'IDOLATRIA invece non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo, ma rimane una costante tentazione della fede che consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc.

« Non potete servire a Dio e a mammona », dice Gesù (Mt 6,24). Numerosi martiri sono morti per non adorare « la Bestia », rifiutando perfino di simularne il culto. L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina.

DIVINAZIONE E MAGIA. Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che « svelino » l'avvenire. La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium manifestano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo. Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo - fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancora più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui.

L'IRRELIGIONE riguarda l'azione di tentare Dio, con parole o atti, il sacrilegio e la simonia.

L'azione di tentare Dio consiste nel mettere alla prova, con parole o atti, la sua bontà e la sua onnipotenza. È così che Satana voleva ottenere da Gesù che si buttasse giù dal Tempio obbligando Dio, in tal modo, ad intervenire. Gesù gli oppone la parola di Dio: Non tenterai il Signore Dio tuo (Dt 6,16). La sfida implicita in simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la fiducia che dobbiamo al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un dubbio riguardo al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza. Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave soprattutto quando è commesso contro l'Eucaristia, poiché, in questo sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo. La simonia consiste nell'acquisto o nella vendita delle realtà spirituali. A Simone il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva all'opera negli Apostoli, Pietro risponde: « Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio » (At 8,20).

L'ATEISMO per il fatto che respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, è un peccato contro la virtù della religione. L'imputabilità di questa colpa può essere fortemente attenuata dalle intenzioni e dalle circostanze. Spesso l'ateismo si fonda su una falsa concezione dell'autonomia umana, spinta fino al rifiuto di ogni dipendenza nei confronti di Dio. In realtà, il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, « dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione ».

L'AGNOSTICISMO assume parecchie forme. In certi casi l'agnostico si rifiuta di negare Dio; ammette invece l'esistenza di un essere trascendente che non potrebbe rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in grado di dire niente. In altri casi l'agnostico non si pronuncia sull'esistenza di Dio, dichiarando che è impossibile provarla, così come è impossibile ammetterla o negarla. L'agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di Dio, ma può anche costituire un indifferentismo, una fuga davanti al problema ultimo dell'esistenza e un torpore della coscienza morale. Troppo spesso l'agnosticismo equivale a un ateismo pratico.


«NON TI FARAI ALCUNA IMMAGINE SCOLPITA...»

L'ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione di Dio fatta dalla mano dell'uomo. Il Deuteronomio spiega:

Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché non vi corrompiate e non vi facciate l'immagine scolpita di qualche idolo Dt 4,15-16). È il Dio assolutamente trascendente che si è rivelato a Israele. « Egli è tutto », ma, al tempo stesso, è « al di sopra di tutte le sue opere » (Sir 43,27-28). Egli è « lo stesso autore della bellezza » (Sap 13,3). Tuttavia, fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame, l'arca dell'Alleanza e i cherubini. Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, «l'onore reso ad un'immagine appartiene a chi vi è rappresentato », e « chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto ». L'onore tributato alle sacre immagini è una « venerazione rispettosa », non un'adorazione che conviene solo a Dio.(Concilio di Nicea, Trento, Vaticano II).


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