L'ACCIDIA

C'è chi si ubriaca con l'alcool per non pensare alle proprie responsabilità, e chi si ubriaca di lavoro per non pensare a Dio ed alla preghiera dovuta, al fine ultimo della propria esistenza e all'esigenza di convertirsi.

"Accidia" è una parola che proviene dal greco e vuol dire negligenza, indifferenza, ma anche: indolenza, pigrizia, svogliatezza, inerzia, disinteresse, apatia, ignavia. San Tommaso ci dice che si tratta di tedio (distacco dalla vita) e persino di tristezza di un bene spirituale. Questo vizio sta alla base di alcuni comportamenti che possono avere ripercussioni sull'intera esistenza; un esempio emblematico è dato dall'apostolo Pietro, che, comportandosi da vigliacco, decise di rinnegare il suo Maestro che era stato catturato, condannato, sconfitto.

L'accidia è il vizio capitale che attacca in modo subdolo la vita del cristiano, una vera e propria inappetenza spirituale. Il credente, infatti, poco alla volta, incomincia ad infastidirsi della sua fede, lascia la preghiera, va raramente a Messa, non legge mai la Bibbia, non s'interessa del suo prossimo, pensa solo a se stesso e così Dio rischia di essere messo da parte. L'accidia è realmente capace di addormentarci, di spingerci a non renderci conto di ciò che sta succedendo nella nostra vita spirituale. Non si tratta di una semplice trascuratezza nei confronti di qualcosa di veniale, ma può portare ad allontanarsi dai comandamenti e da ciò che piace al Signore per mancanza di forza morale. Quando ci si abbandona ai dubbi, agli esempi per nulla cristiani, ai discorsi che distruggono ogni valore, si diventa pusillanimi privi di forza d'animo, vili incapaci di testimoniare la propria fede, vigliacchi senza coraggio pronti a rinnegare la propria fede e cambiare anche religione. La pigrizia spirituale, l'indolenza, la svogliatezza si sono alleate insieme sì da impadronirsi sia dell'intelligenza che della volontà.

Purtroppo ci sono tanti cristiani che si autoproclamano tali senza in realtà esserlo davvero. Per costoro la Bibbia riserva una frase che ci deve far riflettere: "Conosco le tue opere, tu non sei né freddo né caldo. Ma poiché tu sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca" (Ap 3,15-16). È proprio il mitissimo nostro Salvatore Gesù che ci apostrofa con queste parole. Tutti, purtroppo, chi più chi meno, veniamo attirati dalla pigrizia, accontentandoci del dolce far niente spirituale, a partire dai primi Adamo ed Eva che si lasciarono tentare dal serpente: quando ci si rifiuta di stare con Dio, di obbedirlo e amarlo, è chiaro che si va incontro a qualche cosa di brutto, in questo caso un dramma che hanno vissuto i nostri progenitori e che vivono coloro che hanno deciso di rompere i ponti con l'Altissimo. Il serpente antico, geloso, li spinse a dubitare della Parola di Dio, come narra il racconto della Genesi. Il serpente disse alla donna: - "È vero che Dio ha detto: "Non dovete mangiare il frutto di nessun albero del giardino?". - "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete".

- "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei (cf Genesi 3). 

- L'esempio del Re Salomone: Dio diede a Salomone "sapienza e intelligenza come nessuno ha mai avuto e mai potrà avere" (1 Re 3,12). Ebbene, mentre il Signore aveva proibito agli Israeliti matrimoni con gente pagana perché li avrebbero spinti ad adorare altri dèi, il re Salomone trasgredì questo comando unendosi a donne pagane e accettò di prostrarsi davanti alle molte divinità che ogni donna adorava (1 Re 11,1-13). Egli stesso fece costruire santuari in onore di dèi abominevoli. Salomone si era stancato del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, forse era arrivato al punto di credersi veramente sapiente, il più sapiente di tutti, tanto da stabilire per se stesso ciò che era bene o male.

Uno sbadiglio potrebbe essere la sua icona. I suoi seguaci? I pigri, quelli che ciondolano in giro tutto il santo giorno senza combinare niente. Noia, insomma. Un vizio, se possibile, più pericoloso degli altri perché in apparenza può sembrare vago e indefinibile. Esprime un forte disagio esistenziale. Un tempo l'accidia era "il demone del mezzogiorno" che tentava nell'ora più calda i monaci delle prime comunità in Egitto. Oggi, in Occidente, l'accidia è il demone notturno che minaccia ciascuno di noi col suo vuoto rapporto deformato con lo spazio; l'accidia può portare diritti all'Inferno.

Dante immerge gli accidiosi nella palude Stige: neanche si vedono, sotto la melma, ma se ne intuisce la presenza dal gorgogliare dell'acqua. Stanno in posizione orizzontale così come li rappresenta nel suo Inferno William Blake, poeta e pittore simbolista inglese dell'Ottocento.

San Tommaso d'Aquino, nella Summa theologiae, sottolinea come l'accidia possa portare alla paralisi interiore.

Nella vita ordinaria

Spesso l'accidia nasce come un rampollo tra i rami della loquacità. Rende fiacca la preghiera, mentre infonde una ferrea energia per i servizi, sollecitudine per i lavori manuali e riprovazione nel servire Dio. L'obbedienza, ovvero la sottomissione a Dio, è di fatti un' ottima arma per vincere questa battaglia.

Quale triste spettacolo sono oggi gli sposi cristiani che nel giorno del matrimonio pensano solo alle foto, ai film, alla festa, alla torta, persino a rappresentazioni licenziose durante il loro giorno più importante, ma non pensano a Cristo, il loro Salvatore ed unica ragione della loro unione.

 Quanti bambini colpevolmente distratti dai genitori nel giorno della prima Comunione pensano ad ogni cosa esterna per fare una bella festa insieme a tutti i parenti, magari venuti da lontano, ma non pensano affatto ad amare ed imitare Cristo, tanto vicino, che per tutti si fa carne e per la prima volta entra nel loro cuore! 

La vera accidia è l'attivismo sfrenato, il gusto dei sensi, la smania di adeguarsi al mondo e di possederlo, dimenticandosi del vero bene, nascosto dietro la virtù della preghiera, della penitenza e della carità umile e sincera. «L'accidia, tra i vizi capitali il più funesto di tutti - dice il nostro Monaco - non trova però dove posare il capo tra chi obbedisce».

Malattia della psiche e dell'anima

L'accidia rende incapaci di lavorare, concentrarsi, stare al proprio posto, fa sentire schiacciati dalle situazioni, genera insoddisfazione, sconforto, finché il vuoto interiore ci assale a volte sotto forma di malinconia. Un vizio che predilige i solitari. Ma può anche manifestarsi con la nevrosi del vivere pur di non pensare a Dio. Vivere sempre in moto senza trovare mai l'approdo del proprio andare.

Nel 1514 Albrecht Dürer rappresenta la sua Malencolia come una ragazza ripiegata su sé stessa, mentre intorno spazio, tempo e oggetti la opprimono. 

E Hieronymus Bosch, nei Sette peccati capitali, rappresenta l'accidia nell'immagine di un borghese, seduto davanti al camino, appoggiato mollemente il capo a un cuscino, sonnacchioso, mentre una suora invano lo invita alla preghiera porgendogli un rosario.

L'accidia si vince con la diligenza (Cura volenterosa e scrupolosa nel fare qualcosa) e il fervore nel servizio per Dio. Invoca la Vergine Maria Immacolata, che neanche con un pensiero ha offeso Dio, non avrebbe mai potuto farlo neppure nel suo cuore e nel suo spirito! Ella è la vincitrice di ogni accidia: sia di quella attivista moderna che di quella rinunciataria dei falsi contemplativi.

Gocce di Luce

[...]Tu dici: 'Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!' Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese"».

 Apocalisse 3, 17-22

A CURA DI

"Ascolta la voce dei tuoi sogni, se son vestiti d'amore è Cristo nel cuore!"

Giusy Aquilino

Direttrice

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