GOLA

«Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". »(Mt4,4)

Cosa è il vizio della gola?

Secondo S. Tommaso è la brama abituale e disordinata di cibi e bevande raffinati e ricercati, ove per disordinata si intende non regolata dalla ragione. Provare soddisfazione nei cibi, anzi ricercarne il piacevole diletto, fa parte dell'uso del senso del gusto, che ci invita a nutrirci, come è giusto fare, e suscita gioia e allegria soprattutto in famiglia e nelle feste. Ciò è cosa buona. Gesù stesso, parlando del suo Regno, ce lo presenta come un gran banchetto, pieno di ogni bene, nel quale lui stesso passerà a servirci. Il disordine si ha quando si cerca il piacere nel cibo.

Come riconoscere il goloso?

Il goloso è quello che fa del proprio ventre il centro dei propri desideri, non si dà mai pace: va in cerca di amici con i quali poter gozzovigliare, è a caccia dei ristoranti più rinomati, esalta i cuochi che offrono le più stravaganti ricette, le sue discussioni su cibi e bevande non hanno mai fine. Un esempio nella storia è dato dai così detti "vomitori", situati in un angolo della sala banchetti, ove i ricchi si "liberavano" da ciò che avevano ingerito per poi ritornare tranquillamente a mangiare. Il vizio della gola nasce proprio dal ridurre il cibo ad oggetto "umano", che può essere gestito nella più totale autosufficienza. La consapevolezza che ciò è dono di Dio, che rinnova la sua Grazia ogni giorno, porta a benedire il cibo prima di assumerlo o quantomeno a ringraziare Dio con un semplice segno di croce.

Gocce di luce:

Meditiamo l'incontro di Gesù con la Samaritana:(Gv 4, 7-34)

Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». La Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?»

Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore» -gli disse la donna- «dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gesù le dice: «è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete. Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera». Ognuno di noi, se ci pensiamo bene, non è mai sazio, non soltanto a livello biologico, perché sarebbe normale, ma a livello interiore come fame e sete di affetto, di comprensione, di considerazione, di amore. La samaritana infatti, lo vediamo, ha sete di acqua ma anche di amore, di certezze. Al giorno d'oggi ci sono delle patologie quali la bulimia e l'anoressia che sono considerate malattie: credo sia vero solo in parte, perché queste sono sintomi di una sofferenza dello spirito che va curato prima del corpo con cui è un tutt'uno nella "persona". Il considerare il cibo solo una cosa terrena è pertanto una tentazione del maligno che vorrebbe farcelo ridurre a "cosa" piuttosto che a un "segno". Ne è una dimostrazione la prima delle tentazioni che Gesù ha subito nel deserto (Mt 4, 1-4): "Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»".

Enzo Bianchi, priore di Bose afferma: «Davvero la cucina e la tavola sono l'epifania dei rapporti e della comunione. Del resto, il cibo è come la sessualità: o è parlato oppure è aggressività, consumismo; o è contemplato e ordinato oppure è animalesco. Se dopo un gesto sessuale, resta accresciuta la tenerezza, la fedeltà, il desiderio di accogliere i figli che verranno, ecco che quel piacere non si tramuterà in maledizione, bensì maturerà in bellezza e significato. Così se la bontà del cibo è abbracciata dall'amicizia delle persone con cui lo si è condiviso e dal ringraziamento a Dio che lo ha donato, ecco che quel piacere non verrà eliminato, bensì raggiungerà la sua perfezione. Il cibo cucinato e condiviso - il pasto - è allora luogo di comunione, di incontro e di amicizia: se infatti mangiare significa conservare e incrementare la vita, preparare da mangiare per un altro significa testimoniargli il nostro desiderio che egli viva, condividere la mensa testimonia la volontà di unire la propria vita a quella del commensale.

Conseguenze

Il vizio della gola dimentica quelle relazioni vitali che danno significato al cibo; distoglie dal fine ultimo per cui l'uomo è stato creato. L'eccessiva assunzione di cibi ma soprattutto di bevande ha conseguenze evidenti e pericolose. A parte il sovrappeso, le malattie del metabolismo e quant'altro, essa offusca la mente, rende più difficile il controllo di noi stessi e lascia libera di agire la concupiscenza. Gesù avverte in tal senso: (Lc 21,34) "State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso". Ed ancora con la parabola del ricco epulone (Lc 16, 19-31) il cui desiderio smodato di riempire continuamente la pancia lo ha reso cieco nei confronti del povero; non gli ha fatto riconoscere il bisogno dell'altro; l'ha chiuso in se stesso portandolo al supplizio eterno. Anche nell'A.T. troviamo tracce evidenti del problema, per esempio nell'episodio di Esaù che vende la primogenitura per un piatto di lenticchie (Gen 25, 29-34). I rami dell'ipotetico albero della gola sono piuttosto curiosi: Cupidigia, Spreco, avidità, Elucubrazioni mentali ed i peccati che possono derivare da questo vizio sono sia di pensiero che di parole ed opere.

Per quanto finora detto il peccato di gola consiste quindi nel voler riempire un cuore vuoto di amore con cose (cibo e bevande ma non solo), denaro e/o persone. La gola esprime l'ingordigia, dei pensieri, dei vizi, delle emozioni e dell'accumulare denaro con qualsiasi mezzo. La gola è il peccato dell'insaziabilità su tutti i piani, materiale e spirituale. Un mente sempre carica di pensieri che non sta mai ferma e nella quale l'uomo si rifugia per non lavorare su di sé fa parte dei peccati di gola. La gola va di pari passo con la lussuria quando si unisce all'insaziabilità sessuale. La gola si manifesta anche nello spreco come disprezzo nei confronti dell'abbondanza.

Antidoto:

La virtù che combatte la gola è la temperanza, ossia la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati. Si legge al riguardo: "Fratelli, siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede"(1° lettera di Pietro 5, 8-9). Una persona "temperante" riesce a:

Digiunare: non tanto perché si riconosce in sovrappeso e quindi è costretto a mettersi a dieta ma perché riconosce di aver bisogno di fede e carità che sono le sole cose capaci si sfamarlo;

Mangiare e bere nelle giuste quantità, al tempo giusto per alzarsi ristorati piuttosto che appesantiti;

Nutrirsi della Parola di Dio e del Corpo di Cristo per edificarsi nel rapporto intimo con Lui;

Lottare quindi contro tutte quelle forme di schiavitù sociali che fingono di donare la vita ma che in effetti la tolgono (alcolismo, droga, fumo, moda, sport ed ogni altra cosa configurabile come idolo);

Non confidare nelle ricchezze perché queste danno in genere sicurezza e non fanno desiderare la Provvidenza di Dio;

Esercitare, in senso generale, il controllo della propria volontà con piccole rinunce che servano appunto a non lasciarci andare. Non è importante ciò a cui rinunciamo (una caramella, un cioccolatino, un caffè, un aperitivo ecc.) ma lo scopo per cui lo facciamo;

Mantenere integra la propria castità, messa a pericolo ad esempio dagli eccessi del bere.

A CURA DI

"Ascolta la voce dei tuoi sogni, se son vestiti d'amore è Cristo nel cuore!"

Giusy Aquilino

Direttrice

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