PALAZZO DI CITTÀ E SIMBOLO
Il palazzo di Città è indubbiamente uno dei monumenti più rappresentativi di Licata. Sorge nell'attuale piazza Progresso, un tempo piazza Impero, cuore non solo amministrativo della città. Costruito su due distinti progetti entrambi di Ernesto Basile, principale esponente del Liberty siciliano, la sua realizzazione è stata eseguita in due fasi: la prima ad inizio del '900, la seconda viene ultimata negli anni '40. In questo periodo viene inoltre dichiarato sede del Municipio, l'edificio però viene originariamente concepito come sede della Congregazione della Carità.
Il progetto per la torre risale al 1904, la sua realizzazione viene invece ultimata nel 1942, il progetto del palazzo risale invece al 1907. L'intera struttura sorge sui resti della chiesa della SS. Trinità, risalente al XVII secolo; a questo periodo (1777) risale anche la campana che campeggia sulla sommità della torre, proveniente dal quartiere spagnolo.
All'interno del palazzo è possibile ammirare, oltre che il tipico stile Liberty, diverse opere di un certo pregio: i medaglioni in marmo, di età greca e raffiguranti i fondatori di Gela, alla statua della Madonna con il Bambino, datata intorno al '400. Dello stesso periodo anche il "trittico" presente nell'aula consiliare. Nello stesso ambiente è inoltre possibile ammirare "la tela dello sbarco" oltre che l'affresco con l'aquila, stemma della città e risalente agli inizi del secolo scorso. Di significativo valore anche le mazze d'argento, risalenti al XVII secolo e recentemente restaurate.
Il palazzo di Città ha anche una notevole valenza storica: è infatti il primo edificio pubblico italiano su cui, nel 1943, vennero issate le bandiere inglese e americana. La campana del palazzo di Città è stata fonte d'ispirazione per John Ersey, cronista di guerra e autore del libro "Una Campana per Adano", vincitore nel 1945 del premio Pulitzer e che narra di un ufficiale americano, di origine siciliana che trasgredisce gli ordini al fine di restituire la storica campana della chiesa, trafugata dai tedeschi durante la guerra, oltre che di rifornire di viveri gli abitanti del paese. Il palazzo di Città si conferma quindi un importante luogo, non solo amministrativo ma anche di una forte valenza storica e artistica. Una delle opere principali di Ernesto Basile e del Liberty siciliano, ben armonizzato con il contesto della piazza dove sono presenti altri edifici dello stesso genere come palazzo Navarra, o di stili diversi come palazzo Frangipane.
"Di argento all'aquila, di nero al volo abbassato caricata in petto d'uno scudo d'azzurro al castello torricellato di quattro pezzi d'oro e finestrato di nero sorgente dalla campagna di azzurro, ondata di nero e di argento. Corna murale della città. Titolo: Diletta; motto: Alicata".
Così lo stemma della città di Licata è descritto nel linguaggio araldico. L'aquila dal volo abbassato, da molti erroneamente scambiata con l'aquila aragonese, è invece l'aquila sveva, distintivo d'onore concesso anche a Licata quale città demaniale e costituiva l'emblema della potenza imperiale riconosciuto alle città fedeli alla fortuna di Federico II di Svevia. La rocca merlata, circondata dal mare, dalla quale si ergono quattro torri dorate di diversa fattura e altezza rappresenta la città munita e delimitata da due distinti corsi del fiume Salso che le conferivano la forma di un'isola, il regio castello a mare San Giacomo, il castel Nuovo, la torre Gioietta e il bastione armato Mangicasale.
A CURA DI
"La grandezza dell'uomo si misura in base a quel che cerca e all'insistenza con cui egli resta alla ricerca "
Giuseppe Bruna
Caporedattore