IL DIGIUNO
Il digiuno non ama le chiacchiere, purifica l'anima, eleva la mente, sottomette la carne allo spirito, rende il cuore contrito e umiliato, dissipa le nebbie della concupiscenza; smorza gli ardori della libidine e accende la luce della castità."
(Sant'Agostino, De oratio-ne et ieiunio, serm. 73)
Approfitto della domanda per fare un breve excursus sul significato del digiuno e su come lo intende la chiesa ai nostri giorni. Innanzitutto il digiuno consiste nel privarsi di qualsiasi cibo e bevanda. È una pratica che può avere motivi di ascetismo, purificazione, lutto, supplica. Nell'insegnamento di Gesù è collegato alla preghiera e all'elemosina, ed esprime dinanzi a Dio l'umiltà, la speranza e l'amore dell'uomo. Il digiuno non è quindi una prodezza ascetica, e non mira a procurare qualche stato di esaltazione psicologica o religiosa. Simili utilizzazioni sono attestate nella storia delle religioni, ma non sono presenti nell'Antico Testamento.
Nel contesto biblico, dove il cibo è un dono di Dio, questa privazione è un atto religioso e una maniera di rivolgersi al Signore (Dn 9,3; Esd 8,21). Spesso si digiuna prima di affrontare un compito difficile (Gdc 20,26; Est 4,16). I motivi per i quali riscontriamo che si digiuna sono:
Per implorare il perdono di una colpa (1Re 21,27).
Per sollecitare una guarigione (2Sam 12,16.22).
Per lamentarsi in occasione di una sepoltura (1Sam 31,13; 2Sam 1,2),
dopo una vedovanza (Gdt 8,5)
in seguito a una sventura nazionale (1Sam 7,6; 2Sam 1,12; Bar 1,5; Zc 8,19).
Per ottenere la cessazione di una calamità (Gl 2,12-17; Gdt 4,9-13).
Per aprirsi alla luce divina (Dn 10,12).
Per prepararsi all'incontro con JHWH (Es 34,28; Dn 9,3).
In generale la motivazione del digiuno è quella di porsi con fede in un atteggiamento di umiltà per accogliere l'azione di Dio e mettersi alla sua presenza. Tale intenzione profonda svela il senso dei quaranta giorni trascorsi senza cibo da Mosè (Es 34,28) e da Elia (1Re 19,8).
I giudei digiunavano poi per devozione personale (cfr. Lc 2,37): così, nel tempo del Nuovo Testamento, i discepoli di Giovanni Battista e i farisei (Mc 2,18), alcuni dei quali digiunavano due volte la settimana (Lc 18,12). Con ciò si cercava di soddisfare uno degli elementi della giustizia definita dalla legge e dai profeti. Già i profeti però denunciavano il rischio del formalismo nel vivere il digiuno (Am 5,21; Ger 14,12).
Per piacere a Dio, il vero digiuno deve essere unito all'amore del prossimo ed implicare una ricerca della vera giustizia (Is 58,2-11), e non può essere separato né dall'elemosina né dalla preghiera.
Infine, bisogna digiunare per amore a Dio (Zc 7,5). Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto dopo essere stato battezzato e prima di iniziare la sua missione (Mt 4,1-11; Mc 1,12-13; Lc 4,1-13).
I quaranta giorni di Gesù nel deserto, modellati sul duplice esempio di Mosè ed Elia , non hanno per scopo di aprirlo allo Spirito di Dio, perché Gesù ne è ripieno (Lc4,1); se lo Spirito lo spinge al digiuno lo fa perché inauguri la sua missione messianica con un atto di abbandono fiducioso nel Padre suo (Mt 4,1-4).
Da parte sua Gesù non prescrive nessuna pratica di digiuno ai suoi discepoli (Mc 2,18), ma non perché lo disprezzi o lo voglia abolire; Gesù è venuto a portare a compimento la giustizia antica (Mt 5,17), e perciò vieta di ostentare il digiuno, tanto più che esso può essere fatto "per essere visti dagli uomini" (Mt 6,16-20).
Gesù insiste maggiormente sul distacco nei confronti delle ricchezze (Mt 19,21),
sulla continenza volontaria (Mt 19,12),
e, soprattutto, sulla rinuncia a se stessi per portare la croce (Mc 10,3839).
La Chiesa è rimasta fedele alla tradizione apostolica, cercando con la pratica del digiuno di mettere i fedeli in un atteggiamento di apertura totale alla grazia del Signore, in attesa del suo ritorno. Infatti, se la prima venuta di Cristo ha posto fine all'attesa di Israele, il tempo che segue la sua risurrezione non è quello della gioia totale in cui gli atti di penitenza sarebbero fuori posto: la Chiesa ha fatto proprie le parole di Gesù sul digiuno nei "giorni in cui lo sposo sarà loro tolto" (Mc 2,19-20), e ha vissuto in tutta la sua storia il digiuno penitenziale in attesa che lo sposo ritorni. L'approccio moderno associa la pratica del digiuno alla vocazione all'amore del prossimo, e lo vede in funzione della carità verso i bisognosi. È comune la pratica di incontrarsi per consumare pasti frugali dando poi il denaro corrispondente al costo del pranzo intero per opere di carità. La Conferenza Episcopale Italiana, secondo il potere conferitole dal decreto conciliare Christus Dominus, in data 4 ottobre 1994, ha decretato in materia: La legge del digiuno "obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate". La legge dell'astinenza proibisce l'uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, a un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi. Il digiuno e l'astinenza, nel senso ora precisate, devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri (e il primo venerdì di Quaresima per il Rito Ambrosiano) e il venerdì della passione e morte del Signore nostro Gesù Cristo; sono consigliati il Sabato Santo sino alla Veglia Pasquale.
L'astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 e il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell'anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l'astinenza nel senso detto oppure si deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità. Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni sino al 60° anno iniziato; alla legge dell'astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età. Dall'osservanza dell'obbligo della legge del digiuno e dell'astinenza può scusare una ragione giusta, come ad es. la salute. Inoltre, "il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall'obbligo di osservare il giorno di penitenza, oppure commutare in altre opere pie; lo stesso può anche il superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pontificio, relativamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella loro casa". L'acqua, a differenza della prassi preconciliare, non rompe più il digiuno, ma le bevande diverse (caffè, thè, quelle dolcificate o gasate) sì, come anche quelle alcoliche. Ultimamente tante persone hanno riscoperto la pratica del digiuno dalle presunte apparizione di Medjugorie, le quali consigliano di digiunare a pane ed acqua il mercoledì e il venerdì, pratica molto saggia se inserita in quelli che sono le motivazioni che la raccomandano.
A CURA DI
"Fai
quello che puoi e chiedi quello che non puoi. Ed Egli farà in modo che tu possa"
Don Carmelo Rizzo
Direttore Spirituale de
L'Eco di Maria