COME POSSO FARE DELLE SCELTE E SAPERE CHE QUESTE SONO GRADITE A DIO?

Quando si parla di scelte, per forza di cose dobbiamo riferirci alla volontà, che insieme alla memoria e l'intelletto sono le tre facoltà dell'anima. Queste argomentazioni non sono state discusse soltanto in ambito cristiano, ma già al tempo da Aristotele, il quale studiava le facoltà proprie della vita razionale, diverse della vita vegetativa e sensitiva.


Come al solito cerco di proporre un breve excursus cercando di essere il più chiaro e sintetico possibile.

Per quanto riguarda la vita vegetativa e quella sensitiva noi siamo simili alle piante e agli animali; per quello che riguarda la vita razionale, ci troviamo più vicini agli angeli e alle creature spirituali. 

Per poter seguire bene la linea dell'insegnamento di Dio in questo settore della vita razionale, dovremmo considerare le tre suddette facoltà, una alla volta, precisandone anzitutto il loro oggetto specifico. Quindi: i ricordi e le speranze, sono oggetto della memoria; la verità e i pensieri, oggetto dell'intelletto; gli affetti e i sentimenti sono oggetto della volontà.

LA MEMORIA
San Giovanni della Croce dice che "la memoria, insieme alla fantasia, forma un archivio per l'intelletto". In essa, infatti, si andranno depositando, man mano, le varie sensazioni della vita, costituendo un prezioso deposito di ricordi, da cui andrà poi a svilupparsi un insieme di belle speranze che permetteranno alla vita di guardare avanti, verso un avvenire che potrà apparire senza un termine, semplicemente perché quel termine non si può vedere.

Il rischio di questo meraviglioso dono della memoria è che potrebbe tradire l'uomo, attirandolo nella vischiosa rete dell'illusione. Infatti, ecco che, improvvisamente, ad uno rende estremamente amaro quel tal suo ricordo che, tra tutti lo deliziava, mentre lo stava strascinando verso l'inganno; all'altro, gli strappa proprio davanti agli occhi quella tale speranza, sulla quale stava orientando tutto il suo avvenire e la sua stessa vita.

Possiamo immaginare da parte degli interessati le reazioni dolorose più diverse. Se tali reazioni non si risolveranno in quella mentalità comune che le vede come un puro e semplice caso, lasceranno una grande amarezza; se invece si avrà la pazienza di saper aspettare per riuscire a calmarsi e a riflettere, ecco che nella mente il pensiero di Dio si farà sempre più strada fra tutti gli altri, fin ad arrivare alla scoperta della salvezza.

Il divino Maestro, oltre che per la via interna, interviene anche, e ancor di più, per la via esterna, parlando cioè alle anime che stanno per cadere nell'inganno delle vanità, attraverso quei tanti segni che la realtà stessa della vita comune sa proporre: un avvenimento tragico, un'amicizia tradita, una situazione di crisi, un avviso funebre, un semplice tocco di campana a morto, etc.

E qui si può pensare al povero e caro Giacomo Leopardi, il quale, ancor poco più che adolescente, dopo aver composto e poi anche recitato in pubblico un edificante discorso sulla Passione e Morte del Signore, non tanto tempo dopo, cadrà nell'inganno delle sue vane speranze, inganno che egli stesso, più tardi, riconoscerà in una sua nota canzone: "O speranze! Speranze, ameni inganni[... ]; ma anziché vedere in quell'inganno il richiamo del divino Maestro, ne farà motivo per maledire un po' tutto e tutti.

INTELLETTO

Delle tre facoltà questa potrebbe essere ritenuta la più importante, il suo oggetto è la verità.
Ma la verità - avverte Pascal - quando è ricercata per se stessa, senza alcun rapporto con la carità, diventa un idolo. Donde segue che la verità fatta idolo, è proprio il contrario della verità stessa: l'idolo, infatti, non è che il contrario della Divinità, la quale sola è la Verità; perciò, la verità fatta idolo non è che l'errore stesso, e siccome l'idolo esige l'adorazione da chi l'ha scoperto, ecco che il ricercatore della verità, senza la carità, si condanna a divenire un ostinato adoratore dell'errore, cioè di quella sua falsa verità anche quando apertamente gli si presentasse o manifestasse come errore.

Al di là di tutto il percorso del cammino dell'umano intelletto, Dio ha posto, come tanti richiami, i suoi insegnamenti. Avviene infatti a chiunque è alla ricerca di una verità che, dopo aver camminato a lungo in quella direzione, quando gli pare ormai di trovarsi in vista del traguardo, si accorge che la via è infinita. Oppure: dopo un lungo vagare da una verità all'altra, ecco che gli par di scoprire, come in una specie di gioco, che da una verità appena considerata ne nascano altre dieci, da quelle dieci, altre cento, da queste altre e altre ancora. In questo contesto, ecco un' altro segno da parte del Maestro interiore: l'arrivo di una crisi spirituali.

A proposito di queste bisogna dire che essa costituisce un fatto sempre presente nel cammino dei battezzati, cioè di chi è provvisto di tutto l'apparato della vita soprannaturale; infatti per chi coltiva la vita interiore non passa un solo giorno senza che si manifesti, non tanto una vera e propria crisi, ma almeno un semplice richiamo, o da parte di sé stessi, o da parte del Maestro che vi abita.

Col passare del tempo, questi richiami se troveranno risposta, la vita interiore e avrà il suo sviluppo, se verranno soffocati -vedi la tentazione dell'albero proibito di Adamo ed Eva, come capita di preferenza agli intellettuali - Passeranno gli anni, e il maestro interiore verrà dimenticato.

Lui, però, non lascerà il suo posto ma starà in attesa dello scoccare di quell'ora che ha stabilito in cui, non mancando al suo compito, ci sarà davvero una crisi, che potrà presto farsi un dramma. 

In quel momento Dio potrà apparire come un nemico che perseguita, come nel caso del Santo Giobbe quando diceva: "Perché mi hai posto come tuo bersaglio?"; oppure come un oscuro tormento che opprime dentro, quale lo sentiva l'Innominato: "Dio, Dio... dov'è questo Dio?'; e allora toccherà al buon Federico presentarlo: "Voi me lo domandate? E chi più di voi l'ha vicino? Non ve lo sentite nel cuore, che v'opprime, e nello stesso tempo vi attira?".

Il Maestro interiore, dunque, non è una realtà da relegare facilmente nel mondo dei casi: conoscerlo o non conoscerlo può significare un incontro di salvezza o un'orrenda notte dove venir travolti dalla più nera disperazione.

LA VOLONTÀ
Se pensiamo che in essa sta il principio della nostra libertà, non dovremmo più avere dubbi per ritenerla la prima delle nostre facoltà razionali. Tuttavia, la libertà è capacità di scelta, e di scelta anzitutto tra il bene e il male; e qui, subito, le cose si complicano: ci avverte infatti San Paolo: "Io, sì, voglio il bene, ma poi faccio il male che non voglio" (cfr. Rm 7, 21-25). Ci troviamo ancora, dunque, davanti ad una tragica conseguenza del peccato originale, per mezzo del quale noi, secondo l'istigazione del diavolo, avremmo potuto conoscere il bene e il male, cioè avremmo potuto avere in mano la chiave per decidere noi ciò che è bene e ciò che è male.

Invece ci troviamo precipitati in un abisso, perché avendo rifiutato Dio Unica Verità, siamo ora immersi nella menzogna della mente nutrita da una pseudo-verità. Quanto al bene e al male, avendo rifiutato Dio Unico Bene, siamo ora condannati a quel male ancor peggiore che è la menzogna del cuore, nutrita da beni falsi e vani.
Dovendoci ora fermare a quest'ultimo, cioè al bene e al male, in quanto costituisce l'oggetto specifico della nostra volontà, osserviamo anzitutto come viene considerato dagli uomini, quel gran bene che è l'amore.

Noi italiani, per esempio, per dire questa parola amore, preferiamo usare due parole: voler bene

Sarà certamente una bella espressione, ma se in essa non ci fosse nessun riferimento a Dio, nasconderebbe in sé il veleno di un inganno sia verso colui che pensa di avere amore da donare, sia verso colui al quale viene offerto.
Infatti, circa la parola volere, la volontà umana può certamente concretizzarla, ma per la parola bene, nessun uomo che ragioni potrà mai attribuirsene l'iniziativa.

Se pensiamo che Gesù stesso, a un tale che lo aveva chiamato Maestro buono ribatté prontamente "Perché mi dici buono? Uno solo è buono: Dio"; allora potremo capire anche il pericolo di usare alla leggera questa espressione.
Come può un uomo, all'oscuro del suo stesso bene, presumere di possedere, il vero bene di un altro, così da offrirglielo e magari fargliene un obbligo? Dunque solo partendo da Dio Verità l'uomo potrà liberarsi dalla menzogna della mente, per poi spaziare nell'infinito della verità, come partendo da Dio Amore potrà liberarsi dalla spaventosa menzogna del cuore, per spaziare liberamente nell'infinito dell'amore.

Anche nel settore della nostra volontà il Maestro interiore opera con una tattica straordinaria: guarire le ferite del peccato originale, adoperando come rimedio la ferita stessa.

Il punto in cui si concentra il suo lavoro è la menzogna del cuore, presente per via del peccato originale. Questa può influenzare sia ciò che la nostra volontà vuol fare, sia ciò che la nostra volontà dovrebbe accettare o sopportare.

Cosa potrà fare qui Dio in quanto una menzogna scoperta sarebbe una menzogna vinta? Lui che lavora senza fretta non mancherà di lavorare sia dentro le coscienze, che fuori, servendosi di quei segni tangibili, degli imprevisti e delle difficoltà che accompagnano ogni impresa umana, utilizzando i fallimenti se non per una conversione vera, almeno per un ravvedimento. Sul campo della sopportazione il divin Maestro ha una lezione importantissima da comunicarci.

Quella serie di ingiustizie, di disturbi, di umiliazioni, di parole offensive che ci possono piovere addosso da parte di altri, senza che noi ne sappiamo neanche il perché, sono ottime occasioni che il Signore utilizzerà proprio per guarirci. Prendiamo l'esempio del re Davide: in un giorno triste, in fuga da Gerusalemme, lungo la via, un tale fra la folla, mosso da odio politico, comincia una litania di insulti di ogni specie contro di lui, insieme a lanci di polvere e sassi. Uno di quelli del seguito del re si offre per andare a tagliare la testa a quel temerario, ma il re lo ferma: "Lasciate che mi maledica, perché il Signore glielo ha Comandato".

Noi, meglio ancora di Davide, possiamo sapere perché dobbiamo accettare, non come un male, ma come un dono del Signore, tutte le offese. Nel Vangelo, infatti, Gesù chiama amore da pagani quell'amore dato solo a coloro che ci amano. E' un amore da pagani perché non è vero amore, ma un amore bugiardo, egoistico, frutto della menzogna del cuore. Il nostro Maestro interiore vuole guarirci da un simile amore, ma non trova altra medicina efficace se non quella che può offrirci un fratello che ci maledica o comunque ci offenda: se in tali situazioni non sapremmo reagire amando, e se a questo primo errore non seguirà presto almeno l'avvertenza che la colpa di tutto non è dell'altro, ma solo nostra, allora non potremo mai amare davvero.

L'amore vero, infatti, comincia ad essere vero proprio là dove non saprà più fermarsi, là dove riuscirà a scoprire che il suo destino sarà sempre quello di vincere ogni male con il bene: là dove scoprirà che, come la volontà di Dio sa cambiare in bene anche il male, anche la sua volontà è chiamata a fare altrettanto.
E' questo il punto in cui Dio vuole portare l'uomo, unito cioè alla sua volontà che trionfa con l'Amore. Da queste altezze possiamo guardarci indietro e constatare che questo settore della volontà è dunque il più alto di tutti i settori precedenti, e che il bene di quassù condiziona anche il bene di tutti gli altri.

Non per niente, quell'Uomo che fu il Cristo, dal primo all'ultimo istante della sua vita ha unito la sua volontà di uomo alla Volontà del Padre unica via per redimerci. Perciò, tutti gli altri uomini che furono i santi hanno puntato nel fare della propria volontà una cosa sola con la Volontà di Dio.

Perciò ancora, è a quelle altezze che tutti noi siamo invitati a tendere, ed è a questa tensione che viene affidato il compito di sradicare, annientare la menzogna del cuore e, insieme a questa, la menzogna della mente, perché poi tutto proceda nel nuovo ordine: non sarà più l'intelletto, infatti, a precedere la volontà, ma sarà la volontà ormai infiammata dall'amore a precedere l'intelletto, perché, alla fine, tutto dovrà perdersi nell'Amore.

Per concludere volevo proporvi anche un brano di santa Caterina da Siena che potrà essere utile per soffermarsi un po' alla meditazione di quanto detto sopra.

Santa Caterina da Siena, nel Dialogo della Divina Provvidenza, dice che l'anima è una città con molte porte. Le porte principali sono tre: volontà, memoria e intelletto. La volontà è sempre in nostro possesso ed è unita alle altre porte attraverso il consenso, senza il quale non possono entrare i nemici. Se, per esempio, la volontà acconsente ad una tentazione del maligno, allora l'intelletto si oscura opponendosi ai lumi dello Spirito Santo.

Allo stesso tempo, la memoria ricorda i torti subiti, i diletti e i piaceri del mondo. Allora i sensi (la lingua, intesa come il parlare, è considerata un ulteriore senso da Santa Caterina) si aprono in questo modo:

  1. L'occhio viene rivolto a veder cose morte;
  2. L'orecchio si diletta di ascoltare parole disoneste e fatti del prossimo per criticarli;
  3. La lingua lancia parole ingiuriose che trapassano il cuore dei vicini, come coltelli che provocano l'ira;
  4. L'odorato è usato per annusare disonestamente;
  5. Il gusto cerca cibo e bevande con appetito disordinato;
  6. Le mani sono usate per rubare e avere miserabili contatti;
  7. I piedi sono usati per andare in luoghi di abominio.

Dio permette le prove e i disturbi del demonio su tutte le facoltà, tranne che sulla volontà a patto che essa non apre liberamente le porte alle tentazioni, affinché l'anima passi da uno stato di negligenza ad uno più fervoroso, affidandosi a Dio. Resistendo alle tentazioni e abbandonandosi a Dio si cresce nelle virtù. Questo è il senso delle seguenti parole di Gesù:

"Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto lo pota perchè porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi.

 Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui porta molto frutto, perchè senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.

 In questo è glorificato il padre mio: Che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli".

Come, dunque, le porte dell'anima possono innalzarsi, purificarsi ed elevarsi alle altezze di Dio?

Ce lo spiega Santa Caterina da Siena, in questo passo: "Una volta che il cuore dell'uomo è trascinato dalla dolce forza dell'amore, come ti ho detto, vengono insieme attratte anche tutte le potenze dell'anima, ossia la memoria, l'intelletto e la volontà. Dopo che queste tre potenze sono accordate e unite nel mio nome, tutte le altre operazioni che l'uomo compie - in opere e pensieri - risultano belle, e a me unite, per effetto dell'amore che si è sollevato sino a raggiungere Cristo, che è l'amore crocifisso.

Bene si espresse perciò la mia verità allorché disse: "Quando Io sarò elevato in alto, trarrò a me ogni cosa". E, infatti, una volta che il cuore dell'uomo e le potenze della sua anima sono attratte dall'amore, tutte le operazioni che l'uomo compirà saranno ugualmente attratte a Cristo. L'amore, dunque, attrae, purifica, innalza ogni cosa.

A CURA DI

"Fai quello che puoi e chiedi quello che non puoi. Ed Egli farà in modo che tu possa" 

Don Carmelo Rizzo

Responsabile protempore

Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia